Collegio L. M.
Ottobre 2022.
Premessa
Durante quel viaggio lontano da casa avevo tra le mete papabili questo collegio. Da quello che avevo visto in rete, all’interno c’era stato solo un fotografo fino a quel momento. Non capivo il motivo di questo disinteresse nell’ambiente, così in me la curiosità di esplorarlo era ancora maggiore. Inoltre sembrava essere un luogo con tutte le mie caratteristiche preferite: grande, comunitario, isolato.
Storia
Questo enorme eco-mostro fu costruito all’inizio degli anni ’60 come collegio per suore. Fu abbandonato negli anni ’80. Poco dopo la mia esplorazione sono partiti dei lavori di riconversione per farlo diventare un complesso residenziale.
Esplorazione
La giornata è caratterizzata da una fitta pioggerella che continua ad aumentare e diminuire. Ovviamente non so quale sia la via d’accesso, o se ci sia, mi sono semplicemente fatto delle idee guardando la mappa satellitare. Decido di tentare la fortuna inerpicandomi tra gli alberi, in direzione della costruzione. La collina si fa sempre più ripida, il terreno è limaccioso, coperto da una fanghiglia giallina che mi fa scivolare all’indietro. Devo crearmi dei sostegni di fortuna con dei rami per aiutarmi a salire senza cadere e infangarmi completamente (e non scivolare a valle)! Dopo non poche difficoltà raggiungo un muro in cemento armato che mi sbarra la strada. Lo seguo finchè non trovo un punto in cui fa un angolo che mi permette di scalarlo – non senza difficoltà. Mi ritrovo quindi sul retro dello stabile. Camminando tra la vegetazione bagnata riesco a girargli intorno e a raggiungere l’ingresso principale, che noto essere spalancato. Vedo anche che ci sono già segni di bimbiminkia, ossia pasticci con la vernice spray, in questo caso sul bellissimo mosaico che decora l’androne esterno. La salita mi ha provato, quindi mi siedo sugli scalini sotto la tettoia a mangiare qualcosa per recuperare le energie. C’è un’atmosfera calma, con solo il suono della pioggia e i mille rumori che essa può generare in un luogo abbandonato. Mi rendo conto che di fronte al grande edificio c’è anche un’abitazione di due piani in cattive condizioni, la terrò per dopo, ora sono curioso di entrare e scalare questo gigante.
Come da abitudine salgo subito alla sommità per poi ridiscendere un piano alla volta, esplorando. Dopo aver salito molti, molti, molti scalini, arrivo finalmente all’ultimo piano. Questo edificio è costruito in cima ad una collina e conta da un lato sette piani fuori terra mentre dall’altro, dato che segue il pendio, arriva a un totale di dieci piani. Rimango subito strabiliato dal panorama mozzafiato che si ha dalle balconate. Pur con una giornata grigia e nuvolosa come questa, lo sguardo spazia per chilometri e chilometri, chissà come dev’essere lo spettacolo in giornate serene o d’inverno, con tutte le montagne innevate! Da un lato le colline e dall’altro la città sottostante, con vista sui monumenti. Immagino ora cosa sarà l’attico che verrà realizzato qui e il suo costo… e capisco come mai non abbiano demolito la struttura ma magicamente si sia potuto convertirla, nonostante sia a tutti gli effetti un eco-mostro.
L’edificio è curvo e la visione sul lato interno è davvero suggestiva, con stormi di corvi che gracchiano e volano in circolo sopra agli alberi del bosco. Vedo anche una scaletta esterna che sale sul tetto ma piove, sono da solo, quindi non me la sento di rischiare la salita. Le stanze qui sono tutte grezze, come un sottotetto, e trovo degli ottimi tubi quadrati marchiati “Eternit”.
Scendo di un piano e trovo lunghi corridoi con decine di stanze, tutte spoglie se escludiamo i sanitari e diversi lampadari superstiti. Sul lato esterno del palazzo ci sono grandi terrazzi sui quali sono cresciuti cespugli e piccoli alberelli. Nella parte centrale del palazzo ad ogni piano il corridoio si allarga in una specie di androne, qui ci sono due poster ancora appesi al muro, con immagini di alberi e palme tropicali.
Il vento e la pioggia creano un concerto di rumori sinistri che spesso non riesco ad identificare. Questo breve video può servire a comprendere meglio l’atmosfera del luogo.
Scendo un altro piano. Qui nel corridoio trovo dei tramezzi rimossi e dei tubi dell’acqua, scarichi che spuntano dal pavimento. Forse c’erano delle camere con lavandini che sono state rimosse. Ma la vera cosa interessante di questo piano è l’anfiteatro, un piccolo palco e degli spalti in legno ricoperti di moquette rossa. Non so se una volta qui ci fossero delle panche o delle sedie, sul pavimento non ci sono tracce di strutture fisse come sedie dei cinema o simili. Al contrario di un’altra stanza che trovo, con le gambe delle poltroncine ancora fissate alle piastrelle del pavimento. Purtroppo i vandalismi sono stati perpetrati durante molti anni, quindi oltre alle scritte ci sono danni come le balaustre in marmo di una piccola cappelletta buttate a terra.
Riguardando le fotografie faccio onestamente fatica a ricordare in quale piano si trovava cosa. Ad esempio, quello che rimaneva di un bar. Oppure una sala riunioni, più simile ad un cinema in realtà, con supporto per il telo, poltroncine richiudibili in legno e cabina di proiezione. Da non dimenticare anche la sala convegni, più grande della sala precedente ma con un palco al posto del telo e nessuna cabina di proiezione; le poltroncine potevano accogliere circa duecento persone e le file seguivano la curvatura della stanza, nello sviluppo della sua lunghezza.
Arrivato a piani ancora più bassi si trovano nuovamente grandi camerate con bagni, finestre con veneziane e finestre assalite dalle piante rampicanti del giardino. Non manca un’altra piccola stanza riunioni con altre poltroncine in legno stile cinema.
Scendo ulteriormente le scale e su un pianerottolo giace un grande dipinto, o meglio un’icona gigante, raffigurante la Visione di S. Domenico. Stranamente non vandalizzata, mi chiedo oggi che fine avrà fatto, sarà stata recuperata o distrutta?
Sono ai piani più bassi ormai. Dai terrazzi lato monte ormai non si vedono che le fronde degli alberi cresciuti davanti al palazzo. Entro in uno stanzone enorme, con al centro grandi colonne dipinte in una specie di rosso carminio, mentre le pareti, scrostate, presentano ancora delle belle lampade cilindriche che ricordano delle moderne fiaccole. Capisco che questa doveva essere la mensa, dato che poco lontano trovo quel che resta delle cucine. C’è una grande macchina lavastoviglie e due enormi pentole sotto ad una grande cappa. Il livello di questo piano, che non è ancora il più basso dal lato del pendio della collina, è già invece interrato rispetto al cortile interno dell’edificio. Questo si evidenzia dallo stato di conservazione della struttura, decisamente malconcia per le infiltrazioni d’acqua, con intonaci e soffitti completamente caduti al suolo.
Ci sono altri locali totalmente al buio perché tutte le serrande metalliche sono abbassate, uno di questi ospita un altro luogo di preghiera, con un altare tra due colonne. All’epoca non avevo ancora il faretto LED ma avevo con me una torcia rossa che rendeva l’atmosferica parecchio “satanica”. La luce rossa è sicuramente poco indicata per la fotografia ma a livello esplorativo al buio ha il vantaggio di riposare la vista in quanto ha un impatto minore sulla visione notturna, inoltre è meno visibile dalla distanza (passare inosservati) rispetto alla luce bianca. Da una serranda parzialmente sollevata riesco a uscire lato pendio, sotto ad un lungo portico curvo con il pavimento coperto dalle edere striscianti che si fanno avanti dal bosco.
Faccio tutto il giro intorno al palazzo per ritrovarmi di nuovo nel cortile interno; approfitto del momento in cui ha smesso di piovere per fare qualche foto alla facciata del palazzo dal basso.
Poi decido di percorrere le strada di ingresso “ufficiale” che scende verso il cancello carrabile. Arrivato a qualche metro dal cancello stesso sento dei rumori provenire dai cespugli e mi appare un capriolo, che vedendomi, scappa scendendo lungo la strada che stavo percorrendo. Purtroppo l’animale trovandosi davanti il cancellone d’ingresso chiuso si trovava così in trappola; continuava a correre a destra e a sinistra quindi, capito che stava andando nel panico, mi sono spostato il più possibile sul lato della strada per lasciargli una via di fuga. Finalmente prende coraggio e di corsa mi sfreccia a fianco, a non più di due metri di distanza. Purtroppo pioveva e non avevo la fotocamera pronta; ho fatto in tempo a riprenderlo solo dopo che mi aveva superato, mentre saltava nei cespugli per sparire nel bosco.
Dopo quest’incontro inaspettato, controllo se ci fosse un modo per uscire nei pressi del cancello per evitare di rifare alla rovescia il percorso di ingresso. Purtroppo non c’è modo, quindi risalgo lungo la strada, coperta da foglie secche, ricci e castagni, mentre sale una leggera nebbiolina e continua a piovere.
Arrivo nuovamente di fronte al palazzo ed entro nella casa abbandonata proprio di fronte. Salgo una scala dalla bella ringhiera e la parete ricoperta da perline di legno. Probabilmente questa era l’abitazione del custode dell’area, dato che era una casa molto semplice e non molto grande. Le stanze sono tutte vuote e a parte qualche parete in legno, non è per niente interessante.
Torno all’aperto e mi preparo ad affrontare l’uscita. Uscita che si dimostra anche peggio dell’ingresso in quanto la pendenza della collina e il terreno fradicio e fangoso rendono l’equilibrio precario. Riesco miracolosamente a raggiungere la strada senza cadere, ma sono comunque parecchio inzaccherato. Giunto all’auto mi devo cambiare pantaloni e scarpe prima di ripartire verso casa.
Conclusioni
Anche se il posto era quasi completamente vuoto, l’esplorazione mi è piaciuta molto. La grandezza dell’edificio, l’essere da soli e sicuramente le condizioni meteo hanno contribuito a conferire un’atmosfera speciale. Sarei curioso di poter visitare di nuovo l’edificio una volta terminati i lavori, chissà.
Le foto qui presenti risalgono a Ottobre 2022.